Una ricerca internazionale guidata anche da Fondazione Ecosistemi introduce per la prima volta un metodo scientifico per misurare l’impatto ambientale del restauro dei dipinti.
Da oggi anche chi lavora per preservare la bellezza dell’arte può farlo in modo più sostenibile. Un gruppo di ricercatori italiani ha infatti sviluppato un protocollo innovativo per valutare l’impatto ambientale dei materiali utilizzati nel restauro dei dipinti su tela, applicando un metodo finora usato solo in ambito industriale: il Life Cycle Impact Assessment (LCIA), ovvero la valutazione dell’impatto lungo il ciclo di vita dei materiali.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Heritage nel giugno 2025, è frutto di una collaborazione tra il Ministero della Cultura, il CNR, ICOM Italia, YOCOCU APS e la Fondazione Ecosistemi, da anni impegnata nella diffusione di pratiche e strumenti per la sostenibilità ambientale.
L’idea: misurare l’impronta ecologica del restauro
Cosa succede, dal punto di vista ambientale, ogni volta che si pulisce, disinfetta o si consolida un dipinto antico? Per rispondere a questa domanda, i ricercatori hanno analizzato cinque fasi tipiche del restauro – dalla disinfezione alla rimozione della vernice, fino alla finitura estetica – simulando l’intervento su un dipinto a olio.
Hanno poi confrontato tre scenari diversi: uno tradizionale, con materiali comunemente usati nei laboratori; uno con solventi alternativi e meno tossici; e uno basato su processi più efficienti, in grado di ridurre scarti e consumi.
Il risultato è un quadro preciso degli impatti ambientali legati a ogni fase del lavoro, espresso in indicatori come emissioni di CO₂, tossicità per l’uomo e per gli ecosistemi, consumo d’acqua e produzione di rifiuti pericolosi.
Solventi e biocidi: i veri nodi critici
La ricerca ha messo in luce un dato importante: anche in piccole quantità, alcuni materiali usati nel restauro possono avere un impatto ambientale molto alto. Le fasi più “pesanti” sono risultate la rimozione della vernice e l’ammorbidimento della pellicola pittorica, dove si impiegano solventi come Methyl Ethyl Ketone (MEK), etanolo e White Spirit. Queste sostanze contribuiscono significativamente alle emissioni di gas serra e alla tossicità per l’uomo e l’ambiente.
Anche i biocidi, indispensabili per prevenire muffe e batteri, mostrano un’elevata pericolosità per gli ecosistemi acquatici, mentre il cotone usato per assorbire i solventi ha un’impronta idrica sorprendentemente elevata.
Ma non tutto è negativo: le simulazioni mostrano che scegliendo materiali alternativi o migliorando le procedure si possono ridurre gli impatti in modo concreto, fino a tagliare le emissioni e la tossicità di oltre un terzo.
Un cambio di paradigma per la conservazione
Il protocollo sviluppato non è solo uno strumento di analisi: è una base operativa per rendere più sostenibile il lavoro dei restauratori, senza compromettere la qualità del risultato. Può essere adottato dai laboratori per confrontare materiali, orientare gli acquisti, migliorare la gestione dei rifiuti e avvicinarsi a standard ambientali più avanzati. In prospettiva, potrebbe diventare un punto di riferimento per musei, istituzioni culturali e bandi pubblici legati al restauro sostenibile.
Cultura e ambiente, due facce della stessa responsabilità
“Questo studio mostra che anche un gesto delicato come restaurare un dipinto può contribuire alla transizione ecologica, se supportato da metodo e consapevolezza” sottolineano i ricercatori. Per la Fondazione Ecosistemi, da sempre impegnata a coniugare innovazione, sostenibilità e beni pubblici, si tratta di un passo avanti importante: un segnale che la cultura della sostenibilità può attraversare ogni settore — anche quello della conservazione del patrimonio artistico, dove etica e ambiente si incontrano nel rispetto della bellezza.
Per approfondire:
L’articolo scientifico completo è disponibile in open access su Heritage:
Life Cycle Impact Assessment (LCIA) of Materials in Painting Conservation: A Pilot Protocol for Evaluating Environmental Impact in Cultural Heritage