di Silvano Falocco
(articolo pubblicato originariamente su Sbilanciamoci il 17 luglio 2025)
Negli ultimi mesi, le clausole ambientali e sociali al centro del Green Deal europeo sono finite nel mirino di pressioni politiche e interessi commerciali, in particolare nel contesto delle trattative sui dazi tra UE e Stati Uniti. Ma ciò che viene descritto come un ostacolo alla competitività è, in realtà, una delle architravi della transizione ecologica.
Ecco un passaggio dall’articolo:
“Attraverso il Green Public Procurement si possono infatti orientare, ogni anno, 2.500 miliardi di spese in beni, servizi e opere – in Europa – e in particolare 271,8 miliardi in Italia, con l’obiettivo di accelerare la decarbonizzazione e la circolarità dell’economia, di favorire la tutela della biodiversità ma anche di ridurre i rischi ambientali e climatici che contribuiscono notevolmente ai rischi economici e finanziari delle attività economiche.”
Serve oggi più che mai una soggettività politica forte e consapevole per rafforzare e difendere gli strumenti alla base del Green Deal: dai Criteri Ambientali Minimi al Green Public Procurement, dalla tassonomia ambientale al principio del Do No Significant Harm (DNSH), fino alle nuove norme su ecodesign, rendicontazione di sostenibilità, due diligence e greenwashing.
In questo articolo, Silvano Falocco, direttore della Fondazione Ecosistemi, analizza sei azioni concrete per preservare la coerenza, l’efficacia e il ruolo trasformativo delle politiche ambientali e sociali dell’Unione Europea.
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